Dalla descrizione alla sintesi del vivente
Spunti e suggestioni dall'intervento di Carlo Alberto Redi, professore ordinario di zoologia e biologia dello sviluppo all'Università di Pavia, su alcuni temi particolarmente caldi del dibattito sulle scienze della vita.
di Carlo Alberto Redi
Sulla sperimentazione animale
Inutile negarlo: ci sono animali-modello che ci hanno aiutato moltissimo, come la drosophila o il topo. In laboratorio spesso si usano animali, ma vorrei fare una precisazione. Dal 1950 ad oggi la sperimentazione animale è calata di oltre il 50%: è stata un'esigenza storica e non la possiamo ancora eliminare del tutto, ma ci auguriamo di procedere celermente in tal senso.
Un debito fondamentale lo abbiamo nei confronti delle scimmie antropomorfe, il cui utilizzo è ora sempre più soggetto a restrizioni: in alcune legislazioni, per esempio quella spagnola, è addirittura più facile arruolare un paziente in un trial di fase 1, che toccare una antropomorfa.
No al determinismo genetico
Il gene per cui sei bello, brutto o omosessuale? Mettiamoci il cuore in pace, non esiste. Sarebbe troppo semplice e invece basta pensare alle malattie: sono pochissime quelle causate dalla mutazione di un solo gene. Il che naturalmente complica la terapia.
Non solo biologia
Occuparsi oggi di genomica, di cellule staminali, di biologia rigenerativa o di organismi geneticamente modificati non significa occuparsi solo di biologia, ma avere a che fare anche con altre discipline scientifiche (la medicina, la veterinaria) e non solo. Non si può prescindere neppure dalla filosofia o dal diritto.
Chiarezza sulle staminali
Quando si parla di cellule staminali si citano tante altre parole: riproduzione, cellule specializzate, gameti, fecondazione, embrione unicellulare, zigote. È bene fare attenzione: il linguaggio ha molte trappole. Per esempio, lo zigote è totipotente, sotto il profilo moltiplicativo e differenziativo, ma non rappresenta l’inizio della vita. Di fatto, lo zigote è l’inizio di un nuovo individuo solo se tutto fila liscio. Nelle popolazioni occidentali, su 100 concepimenti solo 74-75 procedono con successo, degli altri non ci accorgiamo neppure.
O ancora: la fecondazione è la fusione della membrana dello spermatozoo con la membrana dell’oocita. Con una ICSI (iniezione intracitoplasmatica dello spermatozoo), tecnica di 2° livello di riproduzione assistita, non c’è fecondazione, perché lo spermatozoo viene iniettato direttamente nella cellula uovo: è come se si ricostituisse chirurgicamente lo zigote. Da qui si passa a due cellule, e poi a 4, 8, 16, 32, 64 e 128. A questo punto l'embrione deve essere trasferito in utero oppure congelato, perché non siamo ancora in grado di farlo sviluppare al di fuori dell'organismo materno (ectogenesi). Da questo momento registriamo restrizione di potenza: da pluripotenti, le cellule diventano multipotenti e poi, poco a poco, unipotenti.
L'origine della clonazione
L’idea di ricostruire tessuti, organi o addirittura organismi viene da lontano. Già nel 1935 lo scienziato tedesco Hans Spemann vinse il premio Nobel per la medicina per aver scoperto quello che oggi chiamiamo “induzione dell’embrione”. Spemann ebbe un’idea fantastica: perché non prendere una cellula uovo, toglierne il nucleo, sostituirlo con il nucleo di un’altra cellula e vedere che cosa succede? Da questi primi esperimenti si è aperta la via per la clonazione terapeutica. Questa tecnica permetterebbe di ottenere cellule staminali specifiche per ciascun paziente, con le quali ricostruire in laboratorio tessuti e organi da utilizzare per un trapianto autologo. Significa che le terapie cellulari permettono di rivoluzionare la medicina, trasformandola da riparativa a rigenerativa.
Più neuroni contro il Parkinson
La ricerca sulle cellule staminali embrionali è uno strumento potentissimo, ma solleva problemi di carattere etico: per esempio, il mondo cattolico non accetta l’uso di embrioni per la ricerca. Qualche anno fa, un gruppo di ricerca in cui lavora anche Tiziano Barberi, al Memorial Sloan-Kettering Cancer Center di New York, è riuscito a ottenere neuroni dopaminergici da una cellula staminale embrionale, aprendo così una strada per il trattamento del morbo di Parkinson. La difficoltà nel trattamento del Parkinson con questa tecnica sta nel fatto che il ricorso alle cellule embrionali è precluso. Si devono utilizzare cellule provenienti da materiale abortivo, ma ne occorrono moltissime.
Staminali senza embrioni
La comunità scientifica, però, ha il non trascurabile merito di farsi carico anche delle obiezioni sollevate dalla società civile, o da una parte di essa. Così, per esempio, i premi Nobel per la medicina, il biologo inglese John Gurdon e il medico giapponese Shinya Yamanaka, sono riusciti a ottenere il modo per "ringiovanire" cellule adulte, riprogrammandole per tornare pluripotenti. Sono le cellule le iPS o iPSCs, cioè le induced pluripotent stem cells, cellule staminali pluripotenti indotte. In pratica, Gurdon e Yamanaka hanno costruito cellule embrionali senza toccare gli embrioni, risolvendo molti problemi di carattere etico.
Il dono del cordone
Rimane il fatto che mentre a livello etico, politico e legislativo ci chiariamo le idee su embrioni e staminali embrionali, possiamo sostenere altre iniziative. Per esempio, possiamo insistere sul dono del cordone ombelicale, una vera e propria riserva di cellule staminali che possono essere impiegate per la terapia di alcune malattie o nella ricerca. Attualmente 92 cordoni su 100 vengono buttati via, oppure c’è chi lo conserva - a pagamento - per uso autologo, cioè a vantaggio esclusivo del proprio bambino. Dunque è possibile fare ancora molto.
L’eredità di Henrietta
Nel 1951, nel pieno della segregazione razziale negli Stati Uniti, i neri venivano visitati nelle cantine degli istituti scientifici: succedeva anche in istituti prestigiosi come la Johns Hopkins. In quell’anno l'afroamericana Henrietta Lacks muore per un tumore alla cervice. Dopo la sua morte vengono prelevate alcune cellule tumorali, chiamate He-La, che da allora sono usate in tutto il mondo. Le abbiamo usate tutti in laboratorio. Questo senza che i parenti di Henrietta abbiano visto mai un centesimo. [Questa storia è raccontata nel libro "La vita immortale di Henrietta Lacks", di Rebecca Skloot, NdR].
Clonazione umana
C’è una grande confusione attorno alla clonazione umana. Per ora possiamo stare tranquilli: le tecniche attuali non ci permettono di creare bambini con caratteristiche predeterminate. Ma al di là dell’avanzamento delle ricerche e della sofisticatezza delle tecniche, l’opposizione alla clonazione terapeutica o riproduttiva deve fondarsi sulla tutela della salute della donna, più che su principi filosofici o etici. Chi può fornire tutti gli oociti necessari per far progredire la ricerca sulla clonazione? Soltanto le donne più povere del pianeta. Oggi New York City è il solo luogo al mondo dove è possibile commerciare oociti. In base agli annunci che compaiono sui quotidiani, una ragazza può guadagnare dai 2000 ai 3000 dollari; se poi trova un determinista genetico che cerca una donatrice con un master e gli occhi azzurri, il prezzo può salire fino a 25 000 dollari.
L’eterno dilemma
Il tema degli Ogm scatena contrapposizioni molto accese, mentre sarebbe necessario discutere con pacatezza e tranquillità. Lascerei da parte argomenti molto abusati quali l’aumento dei suicidi dei poveri contadini indiani conseguente alla diffusione di sementi Ogm, come sostiene l’attivista e ambientalista Vandana Shiva, perché non è ciò che avviene veramente. E metterei da parte l’altra grande accusa, cioè quella che l’uso degli Ogm provocherebbe la distruzione del pianeta, perché lo stiamo già distruggendo con le monocolture, che siano bio o meno.
Dal punto di vista scientifico, giova ricordare che molte comunicazioni relative agli Ogm sono false: non sono state mai prodotte fragole con il gene del pesce artico per aumentarne la resistenza al freddo. E giova ricordare che mangiamo Ogm ormai da 30 anni eppure non esiste un solo dato in grado di dimostrare un danno alla salute umana.
Ciò che è davvero inaccettabile riguardo agli Ogm è il monopolio della loro gestione da parte delle multinazionali del settore (Monsanto, Novartis, Aventis).
Cittadinanza scientifica
Di fronte ai nuovi scenari offerti dalla ricerca scientifica e dalla sua applicazione tecnica, che fine fanno i tradizionali dilemmi sulla responsabilità? Devo essere condannato se il drone che ho prodotto imitando la biologia uccide qualcuno a migliaia di kilometri di distanza da me? È responsabilità mia o del drone? Dov’è il libero arbitrio?
L’obiezione classica è che la scienza può essere buona, ma la sua applicazione sbagliata. Il dibattito è aperto, però attenzione: l’uomo ha prodotto cose splendide, l’arte, la filosofia, la musica, ma oggi non esiste cittadinanza che non sia cittadinanza scientifica. La democrazia è cognitiva. Se non abbiamo gli strumenti per capire la tecnica, la sua applicazione, se non discutiamo di ciò che è legittimo applicare e di ciò che non è legittimo applicare, siamo destinati a tornare alle caverne.
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Pubblicato online su "Linx Magazine" (Pearson Italia), vol. 16, ottobre 2013 (pearson.it/BF91989).